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Un labirinto tra sogno e realtà.
Il tema della meccanizzazione alienante è stato ripreso in questi anni, nell’ambito della cosiddetta “economia della conoscenza”, da molti studi che hanno visto in internet nuove forme di sfruttamento post-taylorista del tempo e delle risorse umane. Attraverso il lavoro e la tecnica l’uomo ha sognato di rubare il posto a dio – o alla natura – e costruire esseri viventi e senzienti in tutto e per tutto simili a lui. Le domande sollevate da questo progetto prometeico ruotano attorno a cosa consideriamo “umano”.
E il dramma sta nel non poterlo teorizzare, nel non poterlo dire, o per lo meno utilizzando un linguaggio logico-razionale. Perciò ho detto “presentare” e non “rappresentare”, proprio perché non potendolo dire senza cadere in giudizi di valore, in posizioni esterne rispetto all'oggetto, non rimane altro che mostrarlo, presentarlo attraverso una forma che essa stessa esprima il suo grigio.
In questo momento storico abbiamo accumulato una tale quantità di strumenti da aver scambiato il mondo in cui siamo nati con uno stato di natura. Non sono le macchine che gradualmente guadagnano una corporeità creaturale e una libertà d’iniziativa umana, ma gli uomini che abdicano alla fisicità animale e riducono i propri spazi di autonomia… il punto sembra sempre quello di replicare la vita umana non solo negli aspetti esteriori e operativi, ma in quanto di più specificamente esistenziale definisce la nostra “condizione”.
Usando macchine e strumenti artificiali il corpo e la mente umana si anestetizzano fino a somigliare alle stesse “estensioni” che li potenziano. E’ un processo che segue alcune fasi (inizio, durata, attenuazione) cui si accompagnano modificazioni fisiologiche e comportamentali che hanno spesso una funzione di adattamento dell’individuo all’ambiente. Una cosa è certa: il passaggio è stato teorico-pratico, nel vero senso della parola: teoria alla pratica. Saper costruire nuovi pensieri più veri, e soprattutto più utili, che andranno a sostituire quelli vecchi, nelle situazioni quotidiane e quindi genereranno emozioni e comportamenti differenti.
Nella nostra epoca crediamo di avere imparato ad amare senza convenzioni, di essere libere nel corpo e nello spirito, ma la morte dimostrano il contrario: il corpo e lo spirito non sono altro che mezzi per essere dominate. La violenza non è solo quella fisica, ma è soprattutto ed in primo luogo la lacerazione psicologica, l'umiliazione costante. La nostra soggettività, i nostri desideri, le nostre paure, si stanno disseminando e socializzando secondo leggi che potrebbero somigliare a quelle della robotica… La valorizzazione economica del tempo privato è un vettore di disgregazione…
I progressi tecnologici possono prendere spunto dalla natura, ma non necessariamente e nella maggior parte dei casi un lavoro migliore viene svolto da “attuatori” (per usare un termine di Kaplan) che di simil-umano e di simil-naturale hanno poco o niente. Possiamo indagare in questi mondi così diversi, ma allo stesso tempo così uguali, perché in un sogno si catturano le affinità della vita vissuta e sognata da un determinato partner, che poi si riscoprono nella realtà.
Nella nostra epoca pensiamo di essere emancipate, crediamo di avere finalmente conquistato la nostra libertà di esistere. E ancora: le interazioni in rete tendono a riprodurre una logica binaria nell’ambito della sfera affettiva e comunicativa: mi piace/non mi piace. Per complesse ragioni di ordine psico-economico e tecnologico, gli ordini di senso fondati sulla logica della partizione, e quindi dell’esclusione, sono progressivamente e inesorabilmente entrati in crisi. Attraverso i nostri comportamenti digitali un sapere numerico e quantificabile ingloba spazi della vita pubblica e privata sempre maggiori, fino a trasformare l’individuo nella somma statistica di una serie di parametri incrociati.
Il resto, da scarto inassimilabile e rifiuto negativo, viene così paradossalmente positivizzato. Non c’è più negativo nel sistema sociale, o almeno così appare. Non c’è che gioco delle differenze. Differenze che rimandano l’una all’altra, come in un gioco di specchi. Le neuroscienze tendono a diffondere un’immagine del cervello umano e dei suoi modelli di apprendimento simile a quella che caratterizza il “machine learning”. Non si tratta necessariamente di decidere se sia bene o male, vero o falso, ma di mostrare un’evoluzione in atto nel modo in cui mediamente si pensa e si descrive l’umano… Con il suo autentico contenuto, la massa, siamo oltre l’arte, la cultura e la sopravvivenza delle partizioni distintive della ‘modernità’. In entrambi i casi ci troviamo di fronte a fenomeni che vanno oltre se stessi, ci troviamo di fronte a fenomeni estatici che mostrano come, nella società della simulazione, ogni cosa vada effettivamente al di là di sé, diventando un’immagine di tutto il sistema.
all’interno dell’immaterialità di quest’epoca digitale, dove il confine tra magia e scienza si fa persino più sfumato. L’illusione radicale non è quella che si oppone al vero e alla realtà ma quella che li precede entrambi e li mette radicalmente in discussione, mostrando come lo spettacolo del mondo sia una scena primaria e insensata in cui, potremmo dire, la ‘realtà’ si mostra come ‘irreale’ e gli ordini immaginari del ‘senso’ come, tutti, ‘insensati’. Il soggetto non può giocare né la sua fragilità né la sua morte per la semplice ragione che è stato inventato per difendersene, come per difendersi dalle seduzioni, quelle del destino per esempio, che lo trascinerebbero alla rovina.
Poiché la credenza nella nostra unitarietà viene continuamente smentita nel confronto con l’Io ideale, si instaura uno scarto insuperabile che separa il soggetto dalle infinite altre maschere dell’Io ideale che incontrerà nella vita. E insieme nasce l’invidia, l’odio per chi sembra caratterizzato dalla pienezza, dall’assenza di questa frammentazione. Quindi nuovi pensieri, nuove esperienze emozionali, nuove azioni utili per affrontare meglio le difficoltà e generare una migliore qualità di vita.
Todos los derechos pertenecen a su autor. Ha sido publicado en e-Stories.org a solicitud de Joel Fortunato Reyes Pérez. Publicado en e-Stories.org el 11.06.2017.
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Poeta
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Não escrevo por vaidade... É como se fosse uma necessidade de libertação. Solto minha emoção.
Não uso nenhuma técnica. E a minha linguagem poética é a inspiração.
Eu sigo minha intuição.
A.J. Cardiais 11.01.2011
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Poeta
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Alguém pode aprender a versar, a rimar, a “metaforizar” a usar e abusar de toda linguagem da poesia...
Mas não aprende a filosofia. Esse alguém pode até ganhar aplausos e elogios...
Mas não ganha o sentimento que o verdadeiro poeta tem, ao colocar no mundo mais um rebento.
Para “este alguém” tudo é uma questão de técnica, e não de alma poética.
A.J. Cardiais 05.01.2011 imagem: google
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Poeta
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O que me dá “status de poeta”, é meu comportamento perante a vida. Não são as emoções dissolvidas em forma de versos.
Alguém pode muito bem saber versar, porém não ter um olhar poético...
Escrever é uma questão de técnica. Viver de forma poética, não é questão de prática, nem está na gramática.
A.J. Cardiais 29.12.2014 imagem: a.j. cardiais
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Poeta
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Não escrevo por vaidade... É como se fosse uma necessidade de libertação.
Isso faz bem para meu coração.
Não uso nenhuma técnica. E minha linguagem poética é a emoção.
Eu sigo a intuição.
A.J. Cardiais imagem: a.j. cardiais
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Poeta
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Escrevo “tecnicamente”, segundo a emoção. Não quero angariar fundos para minha beatificação.
Rimo os assuntos, conforme minha posição:
de fora, tenho a visão; de dentro, tenho a paixão.
A.J. Cardiais imagem: a.j. cardiais
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Poeta
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B.A.T.A.H.O.L.A.S...
En los lejos esconder de maremotos. La lluvia se agazapa en gotitas breves. Porque una sirena enfría las nieves del verano. Del sol desconocido de la penumbra barba. En la fragancia florida cien miradas.
¡Bataholas!. De la brisa. Que delata, cartones, las arenas, transparente. La serpiente expectante aristocrática culpa. Al verso qué dibuja poetas inexistentes. ¡Solo sueños de letras!.
¡Bataholas!. De quien hizo la vida miles de mortandades y ahora huye dulce. En la sed excelsa del madero insigne arcano fúnebre y patético. En el odio apasionado del volar girando cuadrados y rectángulos. En la tentativa que disminuye inhabitable lo incólume del vicio.
¡Bataholas!. Al interrogante enredando años ilustres de la roja opresión impía. En la desesperación incorrecta que muerde delirantes las arterias. Del torbellino donde las moscas dejan las tristes añoranzas grises. Por los sueños de los ingenuos lagos de confines inmortales cafés.
¡Bataholas!. Suspendidas de las sombras claras, con lo onírico, del financiar vano. La ingrata esperanza de las ventanas extintas, figuras del mirarse. En la memoria que se pierde en el prefacio mismo, obediente desgarro. ¡Por la discrepancia del calor y el fuego, con el impulso del encaje azul!.
¡Ya nada queda de ésto... Ni batas, ni holas, bateando olas!. En la luz nacida del agua libre el hielo viejo, forja un nuevo frío. Al mismo tiempo que al sueño visible del cincelar pared ruinosa. En el hotel de los espejos, hay aviones del arrebato al inclinarse. Por el arte de los años del papel rugoso, del temblar el falso enjambre.
¡No, ni holas, ni batas, solo ratas y hojalatas!. Por la inspiración de las paredes al hervir, profundo estéril fugitivo. Por los techos huérfanos hechos de verde cielo, hilachas de porcelana. A cada rato, en la selva de páramos y caravanas, pinceladas de grana. Para la cunas hechas del desamparo, naturales de plásticos dormires.
¡Bataholas del ejemplo, cobarde, abominable, de arrogancia falaz!. Con toda la técnica verbal de la ignorancia, infinita del hueco pecho. En la suela del lecho, un camino, de sangre jinete aterciopelado es. Por todo el tiempo imprevisible, las espumas, irrevocables del fracaso. Del zapato recorrer cada deseo. ¡Bataholas y bataholas!. Claras.
Autor: Joel Fortunato Reyes Pérez
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Poeta
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Preciso deixar passar toda euforia e olhar o poema com parcimônia...
Aparar todas as falhas, como manda a técnica, e seguir alguns modelos, evitando os desmazelos.
Com tanta preocupação, deixo de lado a emoção... Faço um poema científico e mato o meu ser poético.
A.J. Cardiais imagem: google
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Poeta
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