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La luce e l'ombra dell'uomo. Il desiderio di sapere, se diventa un’ossessione, può essere inoltre un ostacolo, un elemento a contrasto della saggezza e quindi della felicità… Potrei affermare che si tratta di un’inclinazione personale, con cui si nasce, non penso che possa essere acquisita o insegnata…
Si ispira alle forme della natura, ai riflessi di luce: i suoi vetri sono trasparenti, incolori, trasmettono una sensazione di purezza e luminosità, catturano ed espandono la luce e i colori dell’ambiente circostante.
il soggetto si dissolve in un ordine astratto di punti, divenendo ai nostri occhi una presenza-fantasma, incorporea, quasi immateriale, dipendente dai movimenti dell’osservatore e dal gioco della luce.
L’insieme delle cognizioni intellettuali che, acquisite attraverso lo studio, la lettura, l’esperienza, l’influenza dell’ambiente e rielaborate in modo soggettivo e autonomo diventano elemento costitutivo della personalità, contribuendo ad arricchire lo spirito, a sviluppare o migliorare le facoltà individuali, specialmente la capacità di giudizio.
L’ordinario ha una sua “forza” intrinseca e magneticamente ci attrae e riporta a sé. Eppure, allo stesso tempo, l’insoddisfazione spinge in noi verso qualcos’altro, oltre ciò che già esiste e ci contiene e costringe.
In questo gioco senza fine, nella maggior parte dei casi a vincere è il ripiego sull’esistente, la normatività dell’ordinario. Si generano in tal modo molte routine mentali che mostrano un significativo livello di ripetizione e prevedibilità.
Oltre a risuonare con gli altri e a simulare i loro comportamenti e le loro scelte, noi diveniamo progressivamente parte di molteplicità condivise. La consapevolezza della propria psico-fisicità e l'incontro esistenziale con innumerevoli altre unità umane si pongono come valori cardine nell'avventura della vita. Un deserto onirico, dove i confini rimangono incerti e si dilatano all'infinito.
Un universo parallelo di spiriti, fate e demoni in cui spetta al mondo vegliare sulla vita e sulla morte. Ci giochiamo la nostra esperienza di noi stessi e del mondo, di fatto, in una continua tensione tra “noi” e “io”.
Possiamo sostenere che l’individuazione di ognuno si realizza in quella tensione. Pur appartenendo a una comunità a cui cerchiamo in ogni modo di essere conformi, siamo di continuo capaci di forzare la mano e di operare estensioni e trasgressioni.
Intendo dire che ogni scrittore, per sua natura, sia in grado di osservare, capire e, a suo modo, spiegare la realtà con un’intensità che gli altri forse non hanno.
La corporeità dell'Uomo è lo status specifico dell'esistere. Il duplice attacco al soggetto, ora ridotto a circuiti di stimolo-reazione neurobiologici, ora “dissolto” in una serie di relazioni impersonali nella connessione permanente dei social network trova una diga nell’esperienza personale dell’incontro con l’altro: è la «rude alterità dell’altro».
E chissà che non ci attendano in futuro delle profonde mutazioni biologiche del genere umano, che sempre più insistentemente vengono preconizzate, generate dall'azione venefica delle tecnologie postindustriali sugli organismi viventi, dallo sviluppo incontrollato dell'ingegneria genetica o dai problemi della clonazione.
Non parlo poi del trionfo annunciato dai futurologi della cibercultura, che promette l'inevitabile integrazione in un unico organismo dell'intelletto umano e di quello cibernetico, e la radicale de-umanizzazione del mondo futuro.
La fragilità dell’umano appare irriducibile – non possiamo aggirare il dato – ma non è irrifiutabile: se curiamo e accogliamo i nostri simili (a partire dai loro corpi) l’umano “rifiorisce”, altrimenti “muore”. Perché non si perda la memoria mentre si transita verso il futuro, per aprire spazi a chi ha cose nuove da dire. Perché quando tutto sta per cambiare il rischio più alto è che nulla cambi.
Quante volte ci capita di voler mettere in discussione l’ordine che prende una certa situazione e di non riuscirci, in quanto l’attrazione ad adeguarsi all’altro o agli altri prevale sulla nostra tentazione a trascendere quell’ordine e a sopraelevarci.
Allo stesso tempo accade di aspettarci che qualcun altro nel nostro gruppo ci venga incontro quando prendiamo una posizione pionieristica, o originale e discontinua, ma guardandoci intorno non vediamo nessuno, o meglio vediamo occhi bassi, atteggiamenti indifferenti e silenzi tenaci, ritrovandoci così in solitudine.
In sostanza e a mente di quanto sopra, nell’individuo è ipotizzata l’esistenza di due funzioni generali: l’una statica (consapevolezza), l’altra dinamica (attenzione) la quale si concretizza, di volta in volta (per quel che ci riguarda sia in stato di veglia, sia durante alcune fasi del sonno), in quello che potremmo chiamare un vettore attentivo il quale svolge il compito di “portare la consapevolezza” sugli oggetti sui quali si fissa.
Ciò è facilmente verificabile tramite l’auto-osservazione. Siamo in una stanza e sappiamo d’esserci. Nel medesimo tempo, osserviamo gli oggetti che ci circondano (o che popolano la nostra psiche, in caso d’attenzione introvertita) portando su di essi la nostra attenzione.
In tal caso, l’attenzione si comporta come una sonda. Sonda che noi possiamo spostare su uno qualsiasi degli oggetti presenti. Come spostiamo la sonda da un oggetto all’altro, noi ci spostiamo con essa tanto che, spesso, la sonda indugia talmente su di uno specifico oggetto che noi ci perdiamo in esso.
Nell’identificazione a massa l’individuo accetta una serie di credenze, aspettative, desideri, speranze, supponendo che corrispondano a una realtà oggettiva, ma che in realtà sono influenze, condizionamenti e imposizioni sul suo meodo di essere e vivere. In quelle situazioni l’individuo rinuncia al proprio modo di vivere ed essere personale e si consegna al condizionamento e alle suggestioni degli altri.
L’identificazione a massa, d’altra parte, risponde al bisogno di evitare il terrore che ogni individuo prova a sentirsi separato dagli altri, dal gruppo di appartenenza e dalla massa stessa. Nel tempo attuale le tecnologie della comunicazione e la pervasiva omologazione degli immaginari sembrano ricreare conformismi e omologazioni neo-tribali, tacite e spesso inconsapevoli.
Tutto questo tende a ridurre la nostra plasticità e libertà. Se la grande ragnatela della rete diventa l’ambiente comune che costituisce l’insieme degli stimoli che riceviamo, con stimoli simili è più probabile che si abbiano comportamenti simili.
Il fatto è che il conformismo vincola, ostacola, a volte neutralizza la creatività. Impotenza del fare, dell’agire, nel contare ma anche nel pensare e nel ritenere di potere decidere. Tutti questi sentimenti del presente interagiscono e si rinforzano vicendevolmente, cristallizzandosi nella paura da marginalità, di cui le formazioni politiche populiste sono al contempo bacini di accoglienza e vettori di moltiplicazione.
Si tratta piuttosto dell’effetto di sdoganamento che il ripetere, sboccato e slabbrato, di certi termini assume rispetto alla fantasia di una licenza assoluta che, da ricorso incontrollato e compulsivo alla parola, si tramuta in una sorta di invito a passare ai fatti.
Rispettabilità di superficie, banalizzazione culturale, gregarismo subalternizzante e bigottismo sociale sono indici di mancanza di autonomia. Il suo difetto è, va da sé, segno di dipendenza da un “qualcosa” o un “qualcuno” che non offrono soluzioni reali ma solo compensazioni occasionali. Il potere di questo regime tirannico non è potere sulle cose ma sugli uomini.
Il partito creando: "un mondo di paura, di tradimenti e di torture, un mondo di gente che calpesta e di gente che è calpestata, un mondo che diventerà non meno, ma più spietato, man mano che si perfezionerà... Abbiamo abolito i legami tra figli e genitori, tra uomo e uomo... Perché arriverà sempre il momento in cui un buon medico dovrà ammettere di non poter andare avanti.
Da quel momento in poi si entra in un territorio in cui l’arte medica non ha più alcuna giurisdizione. E se la scienza chiede, in tutta legittimità, di essere libera nel suo operato da ogni eccessivo condizionamento ideologico o religioso, essa deve avere l’umiltà di ritirarsi al cospetto della Soglia al di là della quale solo un “liberato in vita” ha diritto d’asilo.
Se si ha difficoltà a immaginare che l’universo non è solido, ma è fatto di luce, non ci dobbiamo preoccupare. La vostra mente ha creduto alla versione “solida” per lungo tempo, e verrà senza dubbio turbata da questa nuova possibilità. E’ bene lasciare la vostra mente a rilassarsi con questa idea per un po’.
La luce non cambia mai o modifica il messaggio che sta portando. Egli è la pietra angolare dell'essere, l'unico criterio infallibile della verità di tutto ciò che esiste, il punto di partenza e quello di arrivo del nostro pellegrinaggio terreno. Il pensiero deve sforzarsi di riviverle nel loro momento originario, mettendo da parte ogni pregiudizio aprioristico.
Proprio quest'ultima fase del pensiero , che lo trova impegnato a mostrare come a partire dalla coscienza si costruisca il mondo e a cercare di render conto dell'intersoggettività e storicità in cui esso ci è dato, costituisce oggetto di studio e di vivo dibattito da parte dei filosofi…
Todos los derechos de „La luce e l'ombra dell'uomo.“ pertenecen a su autor (Joel Fortunato Reyes Pérez). Ha sido publicado en e-Stories.org a solicitud de Joel Fortunato Reyes Pérez Publicado en e-Stories.org el 22.08.2016.
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@IorellBritoA
-"Es como aprender a volar"-pensé.Una sensación como si el peso de tu interior quisiera elevarse y tu cuerpo le hace de tope.Todo lo anterior, todo lo que vendrá después de ti es terrenal, básico...pero no natural. Como si volara, como si tus besos me dieran alas, como si tu piel me diera ese equilibrio, y ya probando eso, he descubierto que no hay otra manera de hacer el amor sino volando Sigamos surcando cielos juntos,y que nos vean desde abajo tan grandes, y nosotros los veamos en la tierra aún pequeños.
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Poeta
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Il sottomarino volare verso l'assurdo. Il colore della sofferenza ignorata. In fondo il sogno è stato davvero l’unico modo per sfuggire a una realtà che chiedeva solo di essere dimenticata. Avventurar-si in definitiva in quegli universi, intrecciati o paralleli, che restano perlopiùsconosciuti, nello spazio e nel tempo. Già, perché anche il tempo è un proble-ma: stabilire le origini, il momento esatto dell’inizio, non è facile. Sulla vergogna della propria disumanità e sulla speranza della propria umanità.
Temi traumatici per eccellenza… l’ansia è una preoccupazione eccessiva che dipende dl fatto che valutiamo in maniera irrazionalmente terribile e intollerabile gli eventi. Erroneamente riteniamo che un problema si risolva concentrando tutta la nostra attenzione su di esso. Oppure riteniamo -altrettanto erroneamente- che non possiamo fare a meno di pensarci perché siamo fatti così, è la nostra natura.
Non è un paradosso dire che abbiamo bisogno di credere, perché tutta la nostra esistenza è un bisogno, perché non possiamo rimanere consapevolmente soli, mentre desideriamo che la nostra conoscenza, di noi stessi e delle cose, ci porti a sentirci uniti al mondo intero, anche quando questa unione ci fa male.
Il solo desiderarli pone la mente nell’atto creativo per eccellenza. Il boia di questo terzo millennio è l’indifferenza, l’ho detto, ripetuto fino alla noia, non è soltanto paura, viltà, vigliaccheria, che ci fanno indietreggiare di fronte a tanta miserabilità dis-umana, che rendono il nostro cuore una pietra, la nostra dignità un albero senza radici.
La paura alberga in ogni uomo, scava dove la somma non ha mai sapore di giustizia, occorre fare leva su tutte le nostre energie interiori per ritrovare coraggio, quello spazio di terra e di sangue che ci fa schierare, senza se e senza ma, dalla parte chi vede rapinati, umiliati, annientati i propri diritti fondamentali.
Purtroppo non è così, e non sarà mai il silenzio a fare da scarto per una ritrovata coscienza, per una significativa presa di posizione a favore di uno stile di vita equilibrato, non più fondato sulla prevaricazione intenzionale, sulla sottomissione persistente, sulla violenza più asimetrica, dove il più debole è obbligato a mollare gli ormeggi nella maniera più drammatica, nella condizione-oppressione disperante della paura che diviene vergogna.
Un atto che può esprimersi anche nelle adozioni e in quelle azioni di genitorialità simbolica proprie di coloro che non hanno figli, per una serie infinita di motivi. Se crediamo che niente è sacro e tutto può essere cambiato, inclusi i nostri valori, allora rinunciamo a quella posizione dalla quale può scaturire la vera libertà.
La liberazione, portata all’estremo, significa infatti perdita dei fini, dei limiti, dei confini. E in un mondo senza fini, tutto è un mezzo e niente ha un significato. La nostra ipotesi si basa essenzialmente su una nuova visione dello spazio: per noi lo spazio è unico e, se esso si gonfia tra le galassie, esso deve gonfiarsi anche all’interno di esse. Consideriamo tutto quello che ci circonda, il nostro modo di andare per la strada in auto, come ci rapportiamo con le altre persone nei supermercati, e domandiamoci quanto siamo consapevoli che accanto a noi esistono persone molto simili a noi.
Il gruppo possiede una ragione super-individuale, un valore che supera le richieste individuali, che possono tranquillamente, senza nessun giudizio di valore morale, superare quelle personali. Il neorazzismo è la convinzione che ciascuno debba vivere nel proprio paese, la reazione alla mobilità degli esseri umani, la pretesa di bandire gli indesiderabili.
Ma, in questo caso, la contestazione si concentrava solo sul linguaggio. C’è la fine di ogni ricordo d’umanità, e la barbarie come unico orizzonte. La natura è come una foresta di simboli tra loro corrispondenti; il mondo è un insieme di simboli che ci parlano in un misterioso linguaggio: né la scienza né motivo possa includere.
A poco a poco riemerge e viene ricomposta tramite la narrazione, in una lettera aperta che la scrive… avvengono cambiamenti importanti, nel modo di pensare, di pensarsi, di riconoscere e regolare le emozioni, nel tono dell’umore, nelle relazioni con gli altri e nel comportamento.
Il trauma non esce dal nostro cervello perché è impossibile dimenticare, però può avere una collocazione migliore, una forma meno disturbante: il ricordo esce dall’isolamento in cui si trovava incapsulato e si collega ad altre reti. Il finale lascia intravedere una possibilità di cambiamento. Attraverso la ricostruzione e l’elaborazione del trauma, e grazie all’incontro con una figura positiva, uno stesso ricordo doloroso, ma non più disturbante, si ricolloca, si riorganizza nelle reti di memoria in modo più adattivo…
Tutto, dunque, sembra parlare di un incontro mancato. Di un appuntamento sempre rimandato… Un Tutto misterioso e inesplicabile, davanti al quale è possibile soltanto il Silenzio. Quante volte abbiamo dato la colpa alla volontà, la nostra oppure quella altrui, per giustificare, nel positivo, come nel negativo, i nostri comportamenti?.
Credo tante volte, e forse non sono il solo ad averlo fatto. Ovviamente (purtroppo) non esiste una domanda univoca a tutte queste domande. A tale scopo l'esistenza della vita è la rivelazione dell'essenza misteriosa della realtà: segreto riservato, lei cerca di capire le somiglianze negli aspetti primordiali idee. Inevitabilmente nessun contatto né con la logica né con l’empirico...
Si tratta di un’idea di integrazione, di compenetrazione tra il testo in modo da creare un unico univer-so comunicativo che richiami nello spettatore una serie inedita di sensazioni. È quindi evidente che il contatto degli individui con lo spirito del tempo non può essere idealmente intimo quando le forme dei fenomeni vengono affrontate con i guanti dell’analogia.
Autore: Joel Fortunato Reyes Pérez
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Poeta
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Dimenticando il futuro. La lingua degli orologi. Tutto tende a un solo fine, un punto limite verso cui confluisce, come un fiume maestoso: è l’attimo rivelatore, l’epifania di un impossibile equilibrio, l’intuizione di qualcosa che si arresta nel flusso continuo del mondo. È un andare tra i ricordi. Ma la distinzione tra il ricordare e afferrare la memoria è presente. Nel tempo i ricordi si frantumano e si raccolgono sulla tastiera della memoria. La durata è essere e divenire, è conservatrice e creatrice: è un flusso, che nel continuo accrescersi, conserva il nucleo originario all’interno, tramite il quale le qualità globali dell'esperienza - vale a dire le qualità fondamentali recepite dalla percezione - vengono elaborate in una prima forma astratta, trascendendo la singola modalità sensoriale e costituendosi come rappresentazioni amodali.
Queste qualità globali dell'esperienza sono, per esempio, l'intensità, le caratteristiche temporali, la forma. Nel flusso del tempo reale non è possibile ritagliare elementi distinti, cosa che è invece fattibile nello spazio, cioè nel tempo spazializzato. Se però analizziamo la problematica da più vicino ci accorgiamo che il passato non esiste più, il futuro non esiste ancora e il presente, nella sua mancanza di consistenza (spessore), ci scorre continuamente fra le mani e sembra impossibile da cogliere.
Anzi, la modalità cognitiva extra-riflessiva tenderebbe automaticamente a raccogliere e a incanalare questo genere di vissuti, offrendo la "traduzione" a loro più vicina, vale a dire quella non-narrativa, racchiusa in "insiemi" percettivo-affettivi di tipo globale e non-sequenziale.
Dunque, il tempo stesso sembra ridursi alla somma di realtà prive di qualsiasi consistenza. Alla fine il tempo è sempre il mistero, che si imprigiona nella memoria e si fa destino.
Nella memoria c’è il sapere e c’è il potere. Sentire, sognare e vedere. Sono i compiti anche della farfalla notturna che si metaforizza con il suo volo e con la sua presenza nel mondo.
Il mondo e la memoria. Nel suo agire non c'è un principio e una fine, ma ogni momento ha valore per se stesso, e non in funzione di un futuro che ne sarà effetto e di un passato che ne è causa. C’era una volta un tempo in cui la memoria era soltanto sogno.
E il sogno si colorava di fantasie lungo i viaggi dell’essenza della vita. Infatti, soltanto un adeguato sviluppo di ciascuna di queste due modalità cognitive fa sì che ognuna, "interagendo" con l'altra, ne faciliti ulteriormente lo sviluppo. Lo sviluppo di ciascuna di queste due modalità può insomma verificarsi soltanto in parallelo e in reciproca specularità, grazie a una mutua interazione. In esso la vita è intesa come progetto costruito nella sequenza di passato, presente e futuro e si caratterizza per la capacità del singolo di trovare la propria soddisfazione nella ripetizione.
La differenza morfologica sembra difatti poter dipendere in misura principale dalla disponibilità di materia prima: in presenza di affioramenti rocciosi la cui frattura naturale origina blocchi squadrati risulta facile ottenere strutture regolari pur utilizzando la stessa tecnica di costruzione che, nella disponibilità di pietre irregolari, porta a realizzazioni che da lontano rassomigliano a tumuli, ed ancora di più una volta che iniziano a collassare anche solo parzialmente.
In realtà tale rigida distinzione è soltanto approssimativa, perché le due componenti sono tra di loro embricate, anzi l'una evoca l'altra.
Inoltre il tempo non esiste oggettivamente, cioè indipendentemente dai modi della percezione di un soggetto. Ogni volta che questo "inconscio" si attiva, il futuro si assimila al passato, e la divinazione predice solo il già stato che, più o meno identico, si ripete, anancasticamente.
Se questo inconscio viene riguardato da chi, a sua volta, è immerso nel proprio già noto, esso può essere solo confermato - magari attraverso le più sofisticate argomentazioni razionali. Al suo fondo tale comprensione si radica nella propria identità personale, vale a dire in un'autopercezione primaria e preverbale. E non esiste oggettivamente né come realtà assoluta in cui gli oggetti sarebbero immersi, né come determinazione relativa dipendente dall’ordine sussistente fra di essi.
Oltre alla consapevolezza e all'apprezzamento dei propri sentimenti soggettivi, l'intelligenza emotiva comprende la percezione e la considerazione dei comportamenti emotivi non-verbali, incluse le sensazioni corporee evocate dall'attivazione emozionale, le espressioni facciali, il tono della voce e la gestualità esibita dagli altri.
Tutte queste modalità sarebbero però sempre compresenti, ancorché secondo una differente proporzione, specifica del singolo individuo. Quel mondo sotterraneo vivifica la nostra esistenza con la sua millenaria saggezza e lascia viva la capacità di sognare la vita.
Secondo la sua prospettiva, tutta la vita, nel significato più vero, è transfert, e la potenza del transfert si esprime proprio nella capacità di sognare, di aprirsi e andare creativamente incontro alla realtà.
La comunicazione è un universo strettamente ed intimamente legato all’ambiente umano nella sua totalità. Essa rappresenta la chiave di accesso alla comprensione dell’Uomo. Esso simultaneamente attiva, nella persona stessa, un vissuto meno razionale, più inconscio e soprattutto di natura al tempo stesso motoria, sensoriale ed emotiva, corrispondente alla sensazione di poter "porre in ordine" il proprio mondo interno e i suoi contenuti.
Occorre ricordare che noi siamo composti da cinquantamila miliardi di cellule collegate tra loro e governate da una entità sovra ordinata chiamata Mente. Per cui noi siamo di fatto una comunità, e non una “unicità” come parrebbe nella rappresentazione della realtà speculare.
Va da se' che se il “governo” di detta comunità, e la comunicazione tra mente e cellule è lineare e non distorta o disturbata, l’intera dimensione “comunità cellulare-Mente” risulta sana e compatta. Tale situazione, pur offrendo maggiore libertà allo spirito di ricerca e di sperimentazione, rende tuttavia poco evidenti sia le caratteristiche di base di questi approcci, sia le stimolanti problematiche da essi sollevate.
Todos los derechos de „Dimenticando il futuro. La lingua degli orologi.“ pertenecen a su autor (Joel Fortunato Reyes Pérez). Ha sido publicado en e-Stories.org a solicitud de Joel Fortunato Reyes Pérez Publicado en e-Stories.org el 13.08.2016.
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Poeta
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Las historias, las buenas historias, nacen de un momento roto, sí, roto, como las historias que son, deben tener un pasado infinito y un futuro expirado, sin embargo, algunas historias, incluso cuando terminan, dejan abierto un orificio en la cerradura que permite ver lo suficiente, la esperanza. Las historias entonces tienen varias versiones, en función de sus relatores, así pues, sin llegar a un centro, éste relator, les rodeará una pequeña, tan pequeña que se resume a tiempo y tan grande, que tiene lleno el baúl de sentimientos. Bukowski decía que el amor es darle a una flor a un joven con sabandijas en el pelo mientras tu madre esperaba sentada en casa con el corazón roto, bien, pero Bukowski no tenía buena relación con sus padres, lo cierto es que los extraños llegan a ocupar un lugar importante en nuestras vidas, este tipo de extraños suelen aparecer en los momentos menos imaginados, en el pasillo de un colegio que no debías transitar, en el café que nunca frecuentas, en el andador de una calle desierta, pero éste extraño del que hablaré, apareció alguna mañana de septiembre justo en el mismo lugar que nunca me había detenido a observar. ¿Cómo se forma una historia? Bien, probablemente de un inicio, un desarrollo-climax y un final, pero en cuestiones de amor, sería insensato pensar en un final ¿verdad que sí? sin embargo, es el primer error, crear una historia sin saber si quiera que la has comenzado, pero ¿qué va uno a pensar en esos momentos? muy seguramente es más importante pensar qué ropa usar, que loción poner, qué zapatos combinar, qué clase de chiste tonto decir, estas irrelevantes cosas que, para mala suerte, son justamente las que se quedan. La ropa de mi extraño precisaba ser de un adolescente, su cuerpo también, su cabello y su risa, oh, hablar de su risa es hablar del universo entero, justamente donde nacía era donde todo mi pesar terminaba, y donde terminaba todo volvía a nacer, este extraño traía consigo olores de mi niñez, añejados en algún lugar de mi memoria que, cuando le percibían, hacían oleadas en saltos que culminaban en terremotos haciéndose notar en mis poros de gallina, pero yo no lo dejaba ver, alguna vez fui un tipo duro y justamente es otro encanto de este extraño, logró romper todas las barreras que me mantenían atado a un pensamiento cuadrado e inconexo, logro fluir en una zubia seca con tan sólo mirarme a los ojos. Sus dedos, solía tomarlos son suavidad y palparlos con los míos, de uno en uno, lento, como acercarse a una fogata y sentir de a poco el calor, y tocarlos me hacía sentir tranquilidad, esa paz que nunca antes había encontrado. Su cabello, despeinado, cubriendo siempre la mitad se rostro, su rostro, lleno de ansiedad traducido a piel,y sin embargo, no dejaba de ser perfecto. Ah.. éste extraño era muy tímido, sus ojos, radiantes, siempre persistían ver al suelo, por lo cual optaba por ponerme zapatos viejos y feos, de modo que hubiera una razón para dejar de hacerlo, pero a mi extraño no le importaban este tipo de detalles, mi extraño era un alguien básico, no se dejaba llevar por esas cosas tontas, mi extraño tenía ojos que podían ver el alma ¿el alma? sí, el alma entera, y todo lo arreglaba con una sonrisa, esa sonrisa que llenaba de alegría a quien tuviera el placer de verla. A mi extraño no le gustaba que fumara, pero tampoco me lo prohibía, mi extraño era muy paciente y divertido, mi extraño siempre sabía qué decir cuando alguna cosa rara pasaba, mi extraño siempre tenía una respuesta a todas mis preguntas. Mi extraño era sabio, y podía hablarme de la vida aquí o allá. de centro hacia fuera y viceversa, podía concebir el origen de la vida en unas palabras y podía divulgar el camino de la muerte en otras. Mi extraño disfrutaba de su tristeza y melancolía, pero cuando era feliz, era el ser más feliz del universo, !jo¡ mi extraño tenía unos pasos de baile increíbles, si algún día los llegasen a ver, entenderían de qué hablo. Mi extraño tenía los sueños de un niño, las ambiciones de algún personaje de cuento de hadas, mi extraño era tan real que parecía irreal, mi extraño tenía una voz tierna, tan linda que podrías caer en su garganta apenas suspirara. Mi extraño nunca terminaba de contar sus chistes, siempre se reía en el trayecto, mi extraño caminaba suave y comía helado, caminó al rededor de todas las calles, de todos los andadores, de todos los suelos y las nubes, durante algún tiempo caminamos juntos y fue la caminata más sensacional de todas, mi extraño tiene una colección de muñecos ganados en una máquina y todos se llaman por igual, a veces, mi extraño no era muy ocurrente, pero cuando lo era, era un espectáculo. A mi extraño le daban miedo las montañas rusas, le gustaban cosas más lentas, que pudiesen disfrutarse más, mi extraño también carecía de vergüenza en situaciones embarazosas, pero la tenía en otras que no tenían relevancia, mi extraño era simpático. Para mi extraño, el amor era algo muy importante, tanto que nunca lo pude comprender, mi extraño no creía en eso de domesticar, pero sin saberlo, mi extraño me domesticó. Pero entonces ¿qué es el amor? El amor es el rencuentro con un viejo amigo, es una noche con la familia donde no hay ruido de gritos y estrés pero sí de gritos de risa, el amor es cobijar a tu hermano mientras tiembla en la madrugada, es ver los ojos de tu madre llorando y sonreírle de a poco, el amor es levantar el mentón de un compañero, ponerlo fijo y decirle que todo está bien, el amor es escribir una carta a un destinatario que no se encuentra en el globo pero sí en el corazón, el amor es toparse con un extraño, comer de su comida, tener un encuentro, mirarle a los ojos, distinguir su sonrisa, frecuentar, caminar con él, por donde sea y a donde sea, el amor es reír, llorar, jugar, pelear, discutir, el amor es entregarse sin fin y hasta que llegue, el amor es un viaje, una noche, dos noches o tres y mil y más días, el amor es cantar. es preocuparse, es cuidarse es odiarse también, el amor es arriesgarse y aventarse a un precipicio volteado donde sólo se ve la luz, el amor es terminar 3 veces y querer reiniciar 4, el amor son unos dedos entrelazados mientras se camina por veredas completamente llenas de gente y sentirse únicos, el amor es distinción, es saber que hay más pero que no requiere nada más, el amor sin duda alguna es un momento, o miles, un recuerdo, o muchos, el amor absolutamente es iniciar ignorando que va a terminar. Y mi extraño, no te dejo de extrañar, ni dejo de sentir, ni dejo nada, me estoy dejando a mí. Las historias tienen un fin, acordamos al principio, y el de ésta parece haber llegado, pero no hay que preocuparse mucho, sólo lo suficiente, porque el ojo de la cerradura aún sigue visible.
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Poeta
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Il mondo all'interno dell'uomo. La nozione di progresso, allude a una particolare concezione della storia, secondo la quale implicita al divenire storico vi è una nota specifica di perfezionamento, di avanzamento verso gradi o stadi superiori, di trasformazione graduale e continua dal bene al meglio. Contiene quindi, ineliminabile, un elemento di speranza o di fede nel futuro: è perciò anche un modo positivo di intendere il tempo, che viene vissuto come dimensione necessaria ai fini della realizzazione del mondo e dell'uomo.
Gli esseri umani da un lato devono interagire continuamente con il mondo mutevole dell’immediato e, dall’altro grazie al processo straordinario di evoluzione del cervello, gli esseri umani possiedono anche un'attività nervosa indipendente dal sensorio immediato che e’ presente anche in assenza di movimenti e di comportamento.
Questo stato di attività cerebrale senza azione può essere definita come attività mentale, cioè pensiero. Da qui la distinzione fra il mondo del pensiero interiore e immateriale e il mondo esterno e materiale. Il grandioso edificio della scienza umana, entro l’ottica illuminante dell’evoluzione biologica e culturale, rappresenta insomma un’attività spirituale par eccellence. L’individuo, infatti, può essere esaminato da diversi punti di vista: come individuo, nel rapporto interattivo con gli altri o in rapporto agli schemi che intervengono per orientare se stesso nelle situazioni. Le innovazioni tecnico-produttive e le attività economiche non si sviluppano nel vuoto, ma nel pieno della vita, all’interno di culture, società e tradizioni, in sostanza nella storia. La vita cosiddetta materiale risveglia nei più un desiderio di ritrovare un senso della vita umana che sfugga al giornaliero. La cultura può essere vista come l’insieme delle identità interagenti all’interno di un gruppo, legate tra loro da interdipendenze in parte direttamente determinate.
Ogni individuo nel suo agire opera secondo un'identità culturale che acquisisce, definisce, modifica e ridefinisce lungo tutta la sua esistenza. La comparsa dell’uomo poi con tutte le sue unicità di pensiero, linguaggio e autocoscienza èpure riportata a misura di conoscenza umana.
Si parla di un principio antropico per indicare proprio questa sensazione che la mente umana impronta di se persino le apparenti leggi naturali. In primo luogo l'uomo come creatura complessa, non solo e non tanto come qualsiasi essere vivente, ma anche e soprattutto perché ciò che lo caratterizza e distingue dal resto dei viventi, gli aspetti immateriali del pensiero e della coscienza, ha sostanzialmente il carattere della complessità.
Ma non solo l'uomo è complesso in sé, egli è anche creatore di complessità. Ogni sistema sociale e culturale ha in sé eminentemente la ricchezza e l'irripetibilità proprie della complessità. Si pensa, evitando di esagerare l’importanza della mente umana, che non sia uncaso che la mente trovi principi dell’universo che sono totalmente coerenti con la mente. L’identità sta a indicare l’incontro, l’interazione tra l’individuo e la sua cultura di riferimento, l’identità è un apparato simbolico, operativo, regolativo attraverso il quale l’individuo si orienta all’azione e sceglie tra più alternative possibili preservando la sua coerenza psichica e culturale in un determinato contesto culturale caratterizzato nel tempo e nello spazio. La visione tradizionale e’ stata che il mondo della materia e’ cangiante, caduco limitato nel tempo e nello spazio, mentre il mondo spirituale e’ immateriale, e non limitato da spazio e tempo immutabile… il mondo è interrelato e interdipendente, ma non bisogna confondere questa dimensione planetaria con l’assunzione di modelli che privilegino solo il profitto come unica variabile del processo. Compito della società e della sociologia sarà quello di trovare un equilibrio di forze per evitare catastrofi ambientali e sociali; è necessario assumere consapevolmente il pericolo esistenziale insito nei nuovi orizzonti, il pensiero non deve coincidere con il calcolo della propria utilità individuale. Il mondo da un lato quello materiale cioè fatto di oggetti e fenomeni, e il mondo spirituale, cioè tutte le attività mentali, dall’altro, sono parte dello stesso universo a cui si può accedere solo mediante la mente pensante dell’uomo.
Tutte le definizioni proposte per la misura della complessità, se colgono correttamente alcuni aspetti dei sistemi complessi, ne perdono altri, e inoltre misure diverse applicate allo stesso oggetto (ad esempio un filamento di DNA) possono dare risultati anche molto differenti tra loro. A parte argomenti di critica tecnicamente specifici che esulano dai fini della presente trattazione, osserviamo che comunque il fatto che la biochimica del cervello sia governata dalle leggi non deterministiche della fisica quantistica o che la dinamica neuronale sottostante sia non lineare non implica necessariamente la libertà e la coscienza.
Tali aspetti, eminentemente umani, non sono causati dalla contingenza fisica, ma la precedono ontologicamente e la trascendono. Tuttavia, il fatto che non sia stato ancora stabilito un metodo univoco per la misura della complessità non significa che non se ne siano capiti aspetti importanti; d'altra parte è proprio una delle caratteristiche dei sistemi complessi quella di sfuggire alla predittività matematica, quindi perché stupirsi se la complessità stessa è così refrattaria a farsi rinchiudere nella gabbia di una definizione quantitativa?.
Questa questione e’ quella di maggior difficoltà in quanto va a toccare processi profondi, e nascosti, all’introspezione. A proposito di questa rivoluzione si è parlato di caos, nonlinearità, olismo, frattali, catastrofi e altro ancora, ma il concetto che meglio racchiude ed esprime il carattere della nuova linea di pensiero è quello di complessità. L’origine della coscienza personale rappresenta una delle maggiori sfide al sapere umano, la coscienza come un fenomeno intrinsecamente non riducibile, una proprietà emergente, che ha un carattere nuovo e ontologicamente differente rispetto ai costituenti del sistema. I due termini 'semplice' e 'complesso' si appoggiano l'uno sull'altro. Pensiamo il semplice come opposto al complesso, ma anche il complesso può essere pensato a partire dal semplice. Non esiste una valenza di neutralità: il non semplice è complesso e il non complesso semplice. Semmai si tratta di un confine mobile.
Ciò che per me appare semplice per un altro può essere complesso, e anche la stessa persona può giudicare in due diversi momenti esistenziali lo stesso dato o insieme di dati ora come semplice, ora come complesso. La complessità è quella regione dove la parte analitica del pensiero si smarrisce. Per quei sistemi sufficientemente complessi da porsi sul confine tra ordine e disordine (sull'orlo del caos), l'autorganizzazione sorge spontaneamente e gratuitamente, e da lì in avanti innumerevoli potenziali percorsi si affacciano all'orizzonte dell'essere. L'evoluzione, poi, orienterà le contingenze di queste storie, ma in nessun modo potrà influire sulla direzione di tale movimento, che punta verso la massima ricchezza, varietà, complessità. Il processo evolutivo non comprende solo l’aspetto fisico dell’essere umano, ma anche le sue attività mentali compreso il linguaggio, l’immaginazione, i sentimenti, compreso quelli religiosi.
Pian piano, la scienza sta raggiungendo una unità di visione grazie alla coerenza fra molte vie di investigazioni. Sistemi la cui evoluzione è sostanzialmente non predicibile con i tradizionali strumenti matematici e che presentano fenomeni di emergenza di nuove proprietà e di organizzazione spontanea, gli stessi caratteri all'origine della vita. E la cosa veramente notevole è che tali sistemi non sono peculiari di una o l'altra delle tradizionali divisioni tassonomiche della scienza (chimica organica, fisica dei solidi, biologia molecolare, etc.) ma si ritrovano, legati da forti analogie strutturali, nei campi più disparati: dalla cosmología, ai modelli sociali, dalla biologia alla meteorologia, solo per citarne alcuni. Ci sembra di poter indicare due fronti di rilevanza antropologica della complessità: uno interno che riguarda l'uomo come ente intrinsecamente ed essenzialmente complesso, l'altro esterno che riguarda il mondo dell'uomo: quella realtà di relazioni sociali, economiche, produttive, culturali, che ha tutti i caratteri della complessità (tanto che è proprio in questo ambito che si hanno alcune delle applicazioni più interessanti della nuova scienza).
Invece gli sviluppi della nuova scienza hanno mostrato come la natura, dal livello dei costituenti elementari a quello dei sistemi biologici più strutturati fino alla rete delle relazioni sociali ed economiche umane, sia intrinsecamente e irriducibilmente complessa, cosicché ogni approssimazione che riporti la descrizione dei sistemi ad un modello con interazioni lineari e che separi una parte dal resto è destinata a mancare l'obiettivo di una corretta spiegazione dei fenomeni . Secondo gli antichi il bene, il giusto, il vero stanno nell'immutabilità: solo ciò che ha forma stabile e permanente è compiutamente realizzato; il tempo disturba e corrompe; ciò che vive nel tempo è destinato a perire.
Todos los derechos de „Il mondo all'interno dell'uomo.“ pertenecen a su autor (Joel Fortunato Reyes Pérez). Ha sido publicado en e-Stories.org a solicitud de Joel Fortunato Reyes Pérez Publicado en e-Stories.org el 04.08.2016.
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¿Cuántas hojas debe dejar caer el árbol para hacerte saber que no somos eternos? ¿Cuántos árboles quieres ver nacer para darte cuenta de que sí? Y si...tu verdad o la mía o la de cualquier otro basta para hacer claudicar los huecos que espaciaban los lugares frecuentes que no frecuentábamos ya, o para quitarle la inmortalidad a juramentos efímeros que dejamos de jurar, entonces basta un silencio para terminar lo que no queríamos terminar. Es una situación enfermiza, dices, y yo enfermo cada mes no de situaciones, pero sí de vida. No te sientas culpable, es normal, porque lo que terminaste por decir, o por callar, habla más que lo que dejé de callar yo o de hablar. La araña le dijo a la mosca que fuese, y que tejería prendas para ella y mantos para su amistad, y la mosca traía con ella toda la mierda que encontró las horas pasadas, que, para la mosca, pudiera ser la mitad de su vida, y la araña esperó y esperó hasta que la mosca se decidió a ir, y entonces tejió las prendas que cubrían a la mosca de toda la mierda por venir, y tejió un manto para que su amistad estuviera latente. Cuanto más tejía la araña, más amor crecía en la mosca, cuanto más amor había en la mosca, menos teleraña quedaba en la araña. No puedes cubrir toda la mierda con telaraña, ni puedes tener toda la telaraña con solo amor porque No hay nada que el amor no pueda pero tampoco hay mucho que sí. me quedé dormido en sollozos que dejaron tus suspiros en algún lugar de mi cabeza y por dentro el frío recorre cada rincón de mi flacucho cuerpecillo, y tú sigues marchando en marchas que no se ejecutan, y sigues en busca de sueños que mi mierda no te dejaba cumplir. Estamos sucios los dos y no sentimos nada ¿verdad que no? Entonces que vuelen los pajarillos, que vuelen, porque ni yo claudico ni tú te dejas matar.
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O labirinto do caos e da agonia da razão. Tudo isso existiu e, depois, deixou de existir, sem que seja motivo de vergonha nem de ofensa para ninguém. Não projectemos as nossas concepções e avaliações modernas sobre os tempos idos, e sobre as pessoas que neles viveram, porque o anacronismo é o maior pecado que se pode fazer quando se lida com o passado… as expressões de nossos pensamentos são condicionadas e limitadas pelos vocábulos existentes em nosso idioma.
Só que hoje parece que entrámos num mundo surrealista, onde os responsáveis fazem as declarações mais inacreditáveis, com ligeireza e insensatez que tocam as raias da loucura. Quando acontecer, já a mortandade e o terror deixaram de ser notícia, e o mundo, dessensibilizado, terá adquirido outros hábitos para poder viver com o problema que, como doença, se fez crónico. Desse modo, surge uma nova concepção de sujeito, resultando em identidades contraditórias, inacabadas e fragmentadas.
Torna-se perigoso quando não se é entendido no assunto. Ainda assim, há quem não esteja completamente convencido. Quando desperta, não se recorda de nada do que aconteceu durante seu sono. Mas é fácil contestar esse tipo de afirmação, uma vez que apenas o convívio não é capaz de formar seres conscientes de seus atos, nem capacita-os para desenvolver o pensamento crítico que os levaria a agirem de acordo com uma compreensão mais profunda sobre a vida… com a formação do homem como um ser completo, não apenas detentor de conhecimento, uma vez que o homem não é apenas um ser racional, mas um ser que sente, que tem vontades, e principalmente capaz de transcender a si mesmo. São essas e outras coisas datadas que lhe dão a profundidade da memória e uma identidade no decurso do tempo. Cada ser humano escreve a história de sua vida nas páginas mentais, isto é, nas células do cérebro.
Quando dizeis que vos lembrais de alguma coisa, o que quereis significar é que estais voltando a uma página anterior de vossa própria história, que vós mesmos escrevestes. Da mesma forma, se o mundo e tudo que existe é necessário, não há lugar para uma vontade livre, uma vontade não condicionada. Qualquer vontade é determinada por fatores conhecidos ou desconhecidos, que por sua vez, são determinados por outros fatores, até que em determinado ponto da seqüência a vontade (ou a mente) não tenha mais controle sobre estes fatores. Desta forma, a vontade é determinada em última instância por fatores que desconhecemos e sobre os quais não temos controle.
Os homens, sujeitos às paixões e iras, são inimigos uns dos outros por sua própria natureza. Para lá das nossas emoções e da nossa parcialidade, gostemos ou não do que essas coisas representam, não podemos esquecer que elas fazem parte da nossa história. Portanto, devemos deixar a arrogância de lado e nos contentarmos com o fato de que não somos tão especiais e racionais quanto pensávamos.
Somos apenas primatas bípedes em um planeta que já existia antes de nós, e que, provavelmente, continuará existindo quando nos extinguirmos como espécie… mundo é sempre uma intermediação entre o que existe e nossa percepção; não existindo uma realidade absoluta. Portanto, a prática de nomear, cuja talagarça é a gramática, não passa da criação de um sistema de categorias para formar os conceitos pelos quais o homem toma os nomes que coloca nas coisas como entes em si mesmos.
Embora a palavra inventada consista apenas numa metáfora, ela se converte num conceito universal e geral de uma experiência singular, e absolutamente particular que o intelecto sentiu numa lida ocasional com o real. O mundo verdadeiro não serve mais para nada, pois se atingiu o que se buscava determinar ao longo dos séculos de processo metafísico.Temos aí a requisição que promove o surgimento de um discurso acerca da causalidade.
Em meio ao vir-a-ser do fenômeno nos sentimos tocados pela requisição do fundamento de sua determinação ontológica. Educar para a vida e para a formação completa de um indivíduo é algo impensável nos dias atuais…ela está assentada na ficção do sujeito que tiraniza a existência por forçar o real a se ajustar às suas idealizações racionais. A grande maioria dos educadores estão aprisionados em seus hábitos pedagógicos, talvez por comodismo, ou mesmo por estarem tão enraizados em suas ações que se tornaram incapazes de perceberem que para educar um aluno, é preciso estar constantemente educando a si mesmo.
Essa educação de si mesmo compreende a sua formação integral, não bastando apenas o conhecimento intelectual das coisas, mas a compreensão do seu ser enquanto sujeito social e espiritual. Este algo criado são as interpretações metafísicas, científicas e morais do mundo, da existência e das circunstâncias nas quais um determinado tipo de vida está necessariamente lançado. Se por um lado amarga-se a falta de segurança e dos pontos de referência, por outro, aumentam os espaços limpos para novas construções. Esta é uma nova maneira de pensar a vivência, como uma conduta criadora.
O caminho não existe. Por conseguinte, faz-se necessário construí-lo, e isso é responsabilidade de cada um. A criação é uma atividade a partir da qual se produz constantemente a vida que, por sua vez, está em devir.
Todos los derechos de „O labirinto do caos e da agonia da razão.“ pertenecen a su autor (Joel Fortunato Reyes Pérez). Ha sido publicado en e-Stories.org a solicitud de Joel Fortunato Reyes Pérez Publicado en e-Stories.org el 29.07.2016.
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La spirale della vita e della morte. Uma guerra é capaz de devastar uma cidade, um estado ou um país, mas não consegue destruir o sonho de recomeçar.
La società umana è la produzione sempre incompiuta, mai perfetta, operata da quegli specialissimi organismi insaturi per quel che riguarda il patrimonio programmatico di natura genetica ma ipersaturi di presenze altrui e di predisposizioni progettuali a fondamento della propria identità. Non possiamo avere mai esperienza della morte, solo della vita; eppure siamo d'accordo che la nostra vita è pienamente umana solo se la pensiamo come mortale, cioè come destinata ad una alterità radicale.
L'oracolo linguistico costituisce un ultimo disperato tentativo di opposizione alla dissoluzione della propria esistenza, della propria capacità di progettare con la parola. L’anima può giungere solo a contemplare la verità, non a possederla. La scienza non ci rende il mondo comprensibile: ci permette solo di prevedere i fenomeni date certe ipotesi di partenza.
Il mondo della scienza è una macchina, che possiamo conoscere ma non capire - perché non c’è nulla da capire. Non esistono due sole intelligenze umane identiche, come non esistono due esseri umani geneticamente identici, tranne i gemelli omozigoti. (Ma persino due gemelli identici - che sono cloni naturali - sviluppano cervelli diversi già nel grembo materno. Tutti noi conosciamo gemelli che di fatto sviluppano menti alquanto diverse).
Questa posizione qualifica l'attualità singolare dell'individuo non solo nel senso del suo qui ed ora ma anche nel senso del suo possibile attuare trasformazioni del proprio rapporto col mondo. Per il meccanicismo un oggetto globale è sempre scomponibile in oggetti atomici costituitivi. Non parlo naturalmente di un affidamento cieco, ma di una fiducia critica, in cui le indicazioni che vengono dall'inconscio debbono essere sempre interpretate e sottoposte al vaglio critico della coscienza, in un rapporto dialettico tra coscienza e inconscio in cui la coscienza è ispirata e vitalizzata dall'inconscio, mentre l'inconscio è moderato e riportato continuamente al confronto di realtà dalla razionalità critica.
Questo affidamento alla potenzialità ispirativa, rigenerativa, risanativa inconscia è certamente un tipo di fede, è la fede laica o filosofica, cioè una fede critica, in contrapposizione alla fede acritica, al "credo quia absurdum" della religione. Tutto il tuo discorso è attraversato da un'ambiguità - che immagino voluta - secondo cui da una parte la pienezza dell'origine va rigettata come mito, illusione, ma dall'altra in qualche modo essa va anche presupposta, perché senza il presupporla diventa impossibile pensare un'origine come al contrario separazione già da sempre avvenuta.
Qualcosa di simile forse avviene proprio per la metafora visuale o per quella estatica: passando inosservate esse hanno operato in profondità nella costruzione della nostra concettualità, agendo dentro di essa. Il nostro cervello non è la manifestazione fenotipica del nostro genoma, e nemmeno di un programma-mente che esula dalla storia della specie umana, ma il prodotto mai finito di un'evoluzione che va avanti nel corso della nostra stessa vita.
Gli sviluppi della nostra mente - e in generale, gli sviluppi del pensiero e della cultura umane - sono quindi ampiamente imprevedibili. In effetti, il nostro cervello non è un'unità ma una popolazione, sottoposto quindi alle trasformazioni a cui le popolazioni animali e vegetali sono sottoposte.
La qualità instabile, precaria, transitoria di questi elementi connettivi viene per lo più occultata dall'uomo, che necessita di utilizzarli come orientatori certi della propria esistenza (nel difetto delle certezze filogeneticamente trasmesse). Questa necessità si esprime attraverso il concepimento dell'Assoluto, dell'Universale e di tutte le categorie ad esso correlate, e attraverso la simultanea dimenticanza che tali concetti sono stati una volta concepiti dall'uomo stesso. Questo concepire l'Assoluto e simultaneamente dimenticarne la natura concepitiva per attribuirgli il significato di una cosa-in-sé, di una datità oggettiva in cui dover credere e a cui dover ubbidire è una contraddizione radicale che informa la più intima compagine culturale dell'uomo.
Quindi, il pensiero è pensiero di qualche cosa, la mente opera su qualche cosa, ecc. E il soggetto non è una monade ma sempre in situazione. Al contrario, il mondo è ambiguo ed interpretabile in modi diversi, a seconda delle caratteristiche e delle necessità adattative di ogni organismo. La categorizzazione percettiva e la generalizzazione sono perciò relative ad un dato organismo e ad un dato ambiente, e hanno luogo tramite un processo di variazione e selezione.
Il fenomenologo non spiega le cose soggettive come oggetti (meccanici), ma comprende i soggetti come Esserci, cioè come esseri che sin dall’inizio sono già gettati nel mondo. Ci possiamo rappresentare la fede laica in una posizione intermedia tra fede scientifica e fede religiosa. La fede scientifica è quella del razionalista che sopravvaluta le possibilità della conoscenza, pretende di avere nella ragione l'unica guida. Ogni tempo si crea le sue forme culturali, il nostro ha questo compito come ogni altro tempo ha avuto il suo. Si è così visto che le categorie di colore, per esempio, non presentano confini netti (ad esempio, alcuni chiamano rosso ciò che altri chiamerebbero arancione o viola).
La conoscenza degli elementi di una categoria si struttura spesso intorno ad una categoria di base, vale a dire attorno ad elementi che si ricordano e si immaginano con più facilità: si è così visto che per la gente "cavallo" è una categoria di base, ma non "quadrupede". Ma forse siamo d'accordo se ammetti, con me, che questo piacere nasce non dal nostro confrontarci con la non-originarietà e contingenza del reale, ma dalla titillazione voluttuosa dei nostri pregiudizi metafisici, nei quali, malgrado tutte le nostre emancipazioni, ancora sguazziamo, e dai quali succhiamo piacere. La scienza quindi non va più vista come uno specchio, che diventa col tempo sempre più fedele, della natura, ma come quel che l'esperienza ha via via lasciato vivere delle ipotesi metafisiche a cui gli scienziati fanno appello per interpretare il mondo.
La visione del mondo impostaci dalla scienza moderna è quel che oggi è sopravvissuto e si è riprodotto delle nostre metafisiche, chimere, sogni ad occhi aperti, passioni e amori. La scienza non abbandona la metafisica ma sancisce il successo di una determinata metafisica, selezionata per la sua forza predittiva.
Chiediamoci allora come può nascere una struttura associativa minima di questo genere. Perché una associazione tra due o più persone nasca e si mantenga, occorrono due cose: interesse e impegno. L'interesse naturalmente viene prima, perché l'impegno può reggersi solo se c'è un interesse, ed è proporzionale a questo interesse. Se i tempi siano maturi per questo, o si debba attendere ancora, non so. Non credo però che rimanga molto tempo.
Todos los derechos de „LA SPIRALE DELLA VITA E DELLA MORTE.“ pertenecen a su autor (Joel Fortunato Reyes Pérez). Ha sido publicado en e-Stories.org a solicitud de Joel Fortunato Reyes Pérez Publicado en e-Stories.org el 21.07.2016.
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O caminho do espelho. O reflexo de si mesmo na língua. O homem sente-se um estrangeiro entre os homens, um exilado do mundo para o qual não encontra um sentido. A minha mensagem é a de que as coisas vão mudar e têm de mudar agora. Abraçar o mundo, sem reduzí-lo.
Distinguir o novo da novidade vazia, valorizar o silêncio. O homem sem rudimentos de filosofia caminha pela vida preso a preconceitos derivados do senso comum, das crenças costumeiras da sua época ou da sua nação, e das convicções que cresceram na sua mente sem a cooperação ou o consentimento da sua razão deliberativa… uma vida não examinada não vale a pena ser vivida. De um certo ponto adiante não há mais retorno.
Esse é o ponto que deve ser alcançado. A reflexão permite-nos recuar, ver que talvez a nossa perspectiva sobre uma dada situação esteja distorcida ou seja cega, ou pelo menos ver se há argumentos a favor dos nossos hábitos, ou se é tudo meramente subjetivo. A dimensão do homem é o tempo. O homem é um ser temporal e, portanto, necessariamente mortal. Ele navega no tempo durante um certo tempo. O presente é fugidio.
Quando pensamos que o capturamos, ele nos escapa como a água que escorre por entre os dedos quando tentamos segurá-la. O futuro é incerto, imponderável. O futuro é uma promessa. O passado passou, e dele podemos ter não mais que uma pálida lembrança. O homem se torna autêntico quando aceita a solidão como o preço da sua própria liberdade..
Devemos saber que a felicidade não é estática em seu acontecer, mas podemos mantê-la como um estado de ser, uma motivação de busca de bem viver.A solução não é se matar de trabalhar e se concentrar nisso para não se sentir sozinho. Também não é encontrar uma estratégia para driblar a solidão… mas que não estão lá de fato, pelo menos não do ponto de vista do seu pensamento, das suas emoções, das suas ideias. Mas sentir dor ou alegria e não o demonstrar não é ocultar alguma coisa. Alguém oculta seus sentimentos quando deliberadamente os suprime (tal como alguém oculta seus pensamentos guardando seu diário preso a sete chaves, e não meramente pensando e não revelando seus pensamentos).
Quando alguém exterioriza uma dor de cabeça, quando expressa um prazer, ou quando diz aquilo que pensa, não pode ser dito que os correspondentes enunciados são meras palavras e que o interno ainda está oculto. Falar do interno é uma metáfora. Vimos que uma das consequências de ter isto como um padrão é a dissociação entre corpo e mente, entre o ambiente em que estamos e o que se passa dentro de nós. A solução é aceitar que se está só no mundo. Há sempre pessoas prontas a dizer-nos o que queremos, a explicar-nos como nos vão dar essas coisas e a mostrar-nos no que devemos acreditar.
E a vida inteira, cada momento, cada segundo da existência, é uma experiência única pois ninguém vive pelo outro. Assim, não se pode definir a subjetividade nos moldes das ciências naturais, que, na realidade, negam nossa condição de homens dotados de vida interior. Este ideal de ciência é tonto e o seu reverso é o não menos tonto relativismo cognitivo, que declara estar a magia negra ao nível da física quântica, em termos cognitivos e epistemológicos. Sem emoções os seres humanos não existiriam; não é biologicamente possível uma espécie biológica destituída de emoções.
Afinal, a emoção é mais racional do que se diz. A confusão é precisamente esta: nós sabemos que muitas vezes as emoções roçam a loucura. Mas, precisamente, isso é uma patologia das emoções, não é a sua natureza própria. Só podemos apreender nossa vida subjetiva sob a forma de uma história pessoal, única e intransferível. Antes, podemos dizer aquilo que sentimos tal como podemos dizer como as coisas nos causam impacto perceptivelmente, dizer aquilo que pretendemos, imaginamos ou pensamos. O passado está talhado em nossa memória. Ele vive em nossas tradições.
Nosso corpo e as coisas que nos rodeiam estão impregnadas de história. Os pobres sofrem porque não têm o suficiente e não porque os outros têm muito. Não há como nos livrar do que já aconteceu. Será mentira em cima de mentira, calúnia e promessas. Existe uma meta, mas não há caminho; o que chamamos caminho não passa de hesitação… Somos descendentes e herdeiros diretos do que foi feito no tempo pretérito. Humano, simplesmente humano.
A incerteza leva-nos a pensar, a refletir, a evoluir…nasce da relação entre o homem e o mundo, entre as exigências racionais do homem e a irracionalidade do mundo. Algumas têm medo que as suas ideias possam não resistir tão bem como elas gostariam se começarem a pensar sobre elas. . Nada é mais racional do que uma emoção apropriada, e nada mais irracional do que a falta dela: alguém que não fique horrorizado com o sofrimento alheio é adequadamente descrito como desumano.
E a razão é também a faculdade mais emocional dos seres humanos: mal conduzida por emoções erradas, é possível produzir as piores ideias e argumentos — racismo, fascismo — sem ver que são péssimas, só porque massajam as nossas emoções mais tontas. Como dissimulação e fingimento são sempre logicamente possíveis, não se pode nunca se estar certo de que outra pessoa esteja realmente tendo a experiência que ela pelo seu comportamento parece estar tendo. Nomeadamente, indagando antes não se eu posso saber das experiências dos outros, mas sim se posso saber de minhas próprias; não se posso entender a “linguagem privada” de outra pessoa em uma tentativa de comunicação, mas sim se posso entender minha própria suposta linguagem privada.
O ser humano equilibrado e feliz cultiva as emoções apropriadas, que respondem à razão, e trabalha para impedir que as piores emoções lhe toldem a razão. O fato de existirmos não pode ser posto em dúvida, mas contrariando as ideias cartesianas, as interpretações da nossa condição de seres existentes não são únicas e indubitáveis, ao contrário, são diversas e diferentes.
A idéia de que a língua que cada um de nós fala é essencialmente privada, de que aprender uma língua é uma questão de associar palavras com, ou de definir ostensivamente as palavras por referência a, experiências privadas (o “dado”), e de que a comunicação é uma questão de estimular um padrão de associações na mente da pessoa ouvinte, qualitativamente idêntico ao daquele da mente do falante é uma idéia ligada a múltiplas concepções errôneas, mutuamente sustentadas, sobre a linguagem, as experiências e sua identidade. Nasceu sem o seu consentimento; o modo como se organiza é independente dele; os seus hábitos dependem daqueles que o obrigaram a aceitá-los; é incessantemente modificado por causas, visíveis ou invisíveis, que escapam ao seu controle, que regulam necessariamente o seu modo de existência, que moldam o seu pensamento e determinam a sua forma de agir.
Em geral, a relação entre palavra e coisa é indirecta; é mediada por outras expressões referenciais. Ao assinalar o que tal termo nomeia ou aquilo a que se aplica, servimo-nos de outros dispositivos referenciais. Diz-se que o homem delibera quando suspende a acção da vontade; isto acontece quando dois motivos opostos actuam alternadamente sobre ele. Deliberar é amar e odiar alternadamente, é ser ora atraído ora repelido; é ser umas vezes dirigido por um motivo e outras por outro. O homem apenas delibera quando não vê distintamente a qualidade dos objectos que o afectam ou quando a experiência não possibilita uma avaliação adequada dos efeitos que a acção, mais ou menos remotamente, produzirá.
Mas a relação entre palavra e objecto não pode ser sempre indirecta neste sentido. De contrário, cada termo apenas teria poder referencial em virtude do poder referencial de outras expressões, e estas, por sua vez, apenas indirectamente se reportariam ao mundo, e por aí em diante ad infinitum.
Todos los derechos de „O CAMINHO DO ESPELHO. (O reflexo de si mesmo na lingua).“ pertenecen a su autor (Joel Fortunato Reyes Pérez). Ha sido publicado en e-Stories.org a solicitud de Joel Fortunato Reyes Pérez Publicado en e-Stories.org el 23.07.2016.
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