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“De la muerte y la violencia en esos lares . . .”
No bien empezaba el año y el crimen más hizo daño, otra de occisos, pesares, aconteció en Ciudad Juárez.
En Chihuahua, en un Cereso donde habita mucho preso en tal cárcel un motín, la violencia va sin fin.
Así es la verdad, sin cuento, en el trágico recuento total: diecisiete muertos, diez custodios yacen yertos.
Hubo también diez heridos, creo sin desaparecidos, dantesco el terrible infierno, el caos se fue haciendo eterno.
La impunidad nadie niega en la tan fatal refriega fugados veinticinco reos en los crueles escarceos.
Ya se sabe, ya se supo, “Los mexicles” es el grupo al que el hecho se adjudica que tanto, pues, perjudica.
El actuar de ese comando deja claro que está al mando del país, con desenfado, el crimen organizado.
Mientras López les da abrazos se agigantan más los pasos del mal que va desfasado en México . . . desangrado.
Autor: Lic. Gonzalo Ramos Aranda Ciudad de México, a 02 de enero del 2023 Reg. SEP Indautor No. (en trámite)
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Poeta
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“Otra de criminales desalmados . . .”
Pese a ser finales de año el crimen siguió en el daño despiadado, sin piedad, en nueva modalidad.
Del ámbito nacional pasó al internacional, de terror la sensación con cráneos de exportación.
Sí, los malosos inhumanos ya envían despojos humanos del merito Michoacán, del pueblo de Apatzingán.
Con rumbo a Estados Unidos, ya son actos desmedidos, siendo en Querétaro hallados en tránsito, empaquetados.
Vía Aeropuerto Intercontinental por la Guardia Nacional; ésto causa desazón pues, no hay identificación.
Su identidad es incierta no se sabe a ciencia cierta de quién son las calaveras, quién poseía esas seseras.
Ya, dejémonos de bromas, ¿quiénes son esas personas?, ¿son mujeres o son hombres?, empecemos por los nombres.
De las víctimas del caso, ¿cuál seguridad?, fracaso, ¿quién, en prácticas aviesas decapitó esas cabezas?
¿Quién desmembró, así, los cuerpos y, en estos macabros tiempos, quién hizo la tal remesa?, no se acaba la sorpresa.
Todo nos desconsolaba, mientras López se paseaba allá en el mero Yucatán, tierra de venado, faisán.
Y nos enviaba un mensaje muy de dicha, haciendo maje al pueblo “sabio” tan bueno, él, optimista y risueño.
Autor: Lic. Gonzalo Ramos Aranda Ciudad de México, a 30 de diciembre del 2022 Reg. SEP Indautor No. (en trámite)
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Poeta
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“De usos y costumbres . . . lamentos.”
El país en la violencia, López no tiene conciencia de ese problema tan grave que le está hundiendo la nave.
En México, pues, no hay ley no hay quien controle a la grey, la justicia en propia mano se toma en lo cotidiano.
Al son del ojo por ojo quemar a un hombre es antojo, la venganza es día con día ante ausente policía.
Todo se ha vuelto un desmadre que al peje le vale madre, sin sensatez concebir lanza el: “prohibido prohibir”.
Emplear la razón rehusa cada mañana él azuza, nos divide, muestra el cobre, separa al rico del pobre.
A los suyos morenistas de adversarios prianistas, a los fifis de los chairos segregando a los gregarios.
Polariza, va a la carga y de la paz no se encarga, el pleito trae en su sangre la pendencia es su raigambre.
Contagia esa displicencia, la gente entra en la inconsciencia con tal “líder” va al ocaso, les refleja su fracaso.
Torciendo a la sociedad que vaga en la oscuridad desfogando el sentimiento a través del linchamiento.
El Andrés de podredumbre dice que: “es uso y costumbre en el México profundo”, él anda en su propio mundo.
De agitador lleva insignia, él provocó esta ignominia, antes más juntos vivíamos sea como sea convivíamos.
Autor: Lic. Gonzalo Ramos Aranda Ciudad de México, a 20 de junio del 2022 Reg. SEP Indautor No. (en trámite)
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Poeta
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“Normalizada inconciencia . . .”
El crimen va desatado, nada, nadie, nos da amparo, la policía displicente guardia nacional ausente.
Dando “abrazos no balazos” sonados son los fracasos del ejercito ni sombra, triste ha perdido la honra.
Orden tiene de no actuar deja mucho que desear, cárteles lo han humillado, sobajado, correteado.
Al peje “le vale madre”, a la cordura no se abre, se levanta muy temprano viendo el tema en el desgano.
Con sus otros datos miente engañando así a la gente falsea las cifras que muestra la perversidad demuestra.
Gráficas acomodaticias, que “estamos bien”, dice albricias; a toda ciencia y paciencia normalizó la violencia.
Cotidiano, son sufridos tantos desaparecidos, colgados, descuartizados, ejecutados y embolsados.
Así, pues, por angas o mangas López dice: “es entre bandas de seres humanos por cuidar y sus derechos respetar”.
Ya acostumbrados al mal vemos el delito normal, ante este problema enorme el pueblo “sabio” . . . conforme.
Autor: Lic. Gonzalo Ramos Aranda Ciudad de México, a 20 de junio del 2022 Reg. SEP Indautor No. (en trámite)
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Poeta
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Un labirinto tra sogno e realtà.
Il tema della meccanizzazione alienante è stato ripreso in questi anni, nell’ambito della cosiddetta “economia della conoscenza”, da molti studi che hanno visto in internet nuove forme di sfruttamento post-taylorista del tempo e delle risorse umane. Attraverso il lavoro e la tecnica l’uomo ha sognato di rubare il posto a dio – o alla natura – e costruire esseri viventi e senzienti in tutto e per tutto simili a lui. Le domande sollevate da questo progetto prometeico ruotano attorno a cosa consideriamo “umano”.
E il dramma sta nel non poterlo teorizzare, nel non poterlo dire, o per lo meno utilizzando un linguaggio logico-razionale. Perciò ho detto “presentare” e non “rappresentare”, proprio perché non potendolo dire senza cadere in giudizi di valore, in posizioni esterne rispetto all'oggetto, non rimane altro che mostrarlo, presentarlo attraverso una forma che essa stessa esprima il suo grigio.
In questo momento storico abbiamo accumulato una tale quantità di strumenti da aver scambiato il mondo in cui siamo nati con uno stato di natura. Non sono le macchine che gradualmente guadagnano una corporeità creaturale e una libertà d’iniziativa umana, ma gli uomini che abdicano alla fisicità animale e riducono i propri spazi di autonomia… il punto sembra sempre quello di replicare la vita umana non solo negli aspetti esteriori e operativi, ma in quanto di più specificamente esistenziale definisce la nostra “condizione”.
Usando macchine e strumenti artificiali il corpo e la mente umana si anestetizzano fino a somigliare alle stesse “estensioni” che li potenziano. E’ un processo che segue alcune fasi (inizio, durata, attenuazione) cui si accompagnano modificazioni fisiologiche e comportamentali che hanno spesso una funzione di adattamento dell’individuo all’ambiente. Una cosa è certa: il passaggio è stato teorico-pratico, nel vero senso della parola: teoria alla pratica. Saper costruire nuovi pensieri più veri, e soprattutto più utili, che andranno a sostituire quelli vecchi, nelle situazioni quotidiane e quindi genereranno emozioni e comportamenti differenti.
Nella nostra epoca crediamo di avere imparato ad amare senza convenzioni, di essere libere nel corpo e nello spirito, ma la morte dimostrano il contrario: il corpo e lo spirito non sono altro che mezzi per essere dominate. La violenza non è solo quella fisica, ma è soprattutto ed in primo luogo la lacerazione psicologica, l'umiliazione costante. La nostra soggettività, i nostri desideri, le nostre paure, si stanno disseminando e socializzando secondo leggi che potrebbero somigliare a quelle della robotica… La valorizzazione economica del tempo privato è un vettore di disgregazione…
I progressi tecnologici possono prendere spunto dalla natura, ma non necessariamente e nella maggior parte dei casi un lavoro migliore viene svolto da “attuatori” (per usare un termine di Kaplan) che di simil-umano e di simil-naturale hanno poco o niente. Possiamo indagare in questi mondi così diversi, ma allo stesso tempo così uguali, perché in un sogno si catturano le affinità della vita vissuta e sognata da un determinato partner, che poi si riscoprono nella realtà.
Nella nostra epoca pensiamo di essere emancipate, crediamo di avere finalmente conquistato la nostra libertà di esistere. E ancora: le interazioni in rete tendono a riprodurre una logica binaria nell’ambito della sfera affettiva e comunicativa: mi piace/non mi piace. Per complesse ragioni di ordine psico-economico e tecnologico, gli ordini di senso fondati sulla logica della partizione, e quindi dell’esclusione, sono progressivamente e inesorabilmente entrati in crisi. Attraverso i nostri comportamenti digitali un sapere numerico e quantificabile ingloba spazi della vita pubblica e privata sempre maggiori, fino a trasformare l’individuo nella somma statistica di una serie di parametri incrociati.
Il resto, da scarto inassimilabile e rifiuto negativo, viene così paradossalmente positivizzato. Non c’è più negativo nel sistema sociale, o almeno così appare. Non c’è che gioco delle differenze. Differenze che rimandano l’una all’altra, come in un gioco di specchi. Le neuroscienze tendono a diffondere un’immagine del cervello umano e dei suoi modelli di apprendimento simile a quella che caratterizza il “machine learning”. Non si tratta necessariamente di decidere se sia bene o male, vero o falso, ma di mostrare un’evoluzione in atto nel modo in cui mediamente si pensa e si descrive l’umano… Con il suo autentico contenuto, la massa, siamo oltre l’arte, la cultura e la sopravvivenza delle partizioni distintive della ‘modernità’. In entrambi i casi ci troviamo di fronte a fenomeni che vanno oltre se stessi, ci troviamo di fronte a fenomeni estatici che mostrano come, nella società della simulazione, ogni cosa vada effettivamente al di là di sé, diventando un’immagine di tutto il sistema.
all’interno dell’immaterialità di quest’epoca digitale, dove il confine tra magia e scienza si fa persino più sfumato. L’illusione radicale non è quella che si oppone al vero e alla realtà ma quella che li precede entrambi e li mette radicalmente in discussione, mostrando come lo spettacolo del mondo sia una scena primaria e insensata in cui, potremmo dire, la ‘realtà’ si mostra come ‘irreale’ e gli ordini immaginari del ‘senso’ come, tutti, ‘insensati’. Il soggetto non può giocare né la sua fragilità né la sua morte per la semplice ragione che è stato inventato per difendersene, come per difendersi dalle seduzioni, quelle del destino per esempio, che lo trascinerebbero alla rovina.
Poiché la credenza nella nostra unitarietà viene continuamente smentita nel confronto con l’Io ideale, si instaura uno scarto insuperabile che separa il soggetto dalle infinite altre maschere dell’Io ideale che incontrerà nella vita. E insieme nasce l’invidia, l’odio per chi sembra caratterizzato dalla pienezza, dall’assenza di questa frammentazione. Quindi nuovi pensieri, nuove esperienze emozionali, nuove azioni utili per affrontare meglio le difficoltà e generare una migliore qualità di vita.
Todos los derechos pertenecen a su autor. Ha sido publicado en e-Stories.org a solicitud de Joel Fortunato Reyes Pérez. Publicado en e-Stories.org el 11.06.2017.
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Poeta
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Falar da epiderme das raças, da violência nas estradas, dos que dão contramão...
Falar da fome, da falta de pão, do sentido obrigatório da vida da alma perdida do sem teto, do sem chão...
Falar do meu itinerário, do meu dicionário sem direção...
Falar do quê? Fala nada não... Você não vê? Estou sem inspiração.
A.J. Cardiais 30.12.2009 imagem: google
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Poeta
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Cada poeta escreve focado em sua realidade. Quem vive numa turbulência, escreve com violência e com agressividade.
Eu, para encontrar calmaria, enfrento a tempestade escudando-me na fantasia.
A.J. Cardiais 07.07.2014 imagem: google
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Poeta
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...E você passa pela rua sem graça...
O desemprego, o medo lhe abraça e você segue vivendo na raça...
Tem de correr e se esquivar, pra não morrer, pra não matar...
É a violência no seu encalço no seu enlace no seu roteiro.
A.J. Cardiais 21.03.1984
imagem: google
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Poeta
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Eles falam de guerra como se vivêssemos em paz. Acabar com esta guerra todo mundo é capaz.
Eles pensam que a guerra, são só canhões estrondando... Mas a pior das guerras é a que a gente vem passando:
São políticos roubando, é o trânsito matando, o desemprego assolando e a violência aumentando.
A pobreza crescendo e a tristeza logo atrás. Ainda pensam em guerra... Como se vivêssemos em paz.
A.J. Cardiais imagem: google
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Poeta
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Ahinsa!
Desde as eras primitivas a Terra se nutre do fluido cósmico que abre-lhe entranhas, percorre-lhe inteira. Na etérea poeira de luz das estrelas o fluido lhe vem. Inunda-a de vida esse mágico bem. O sangue dos seres que surgem e passam Gaia o transfunde noutros que, em ciclo ascendente, sustém.
O espírito de Gaia canta na Natureza a música do Infinito. Em culto à beleza, exalta essa Fonte da Vida que a anima. e que ela sublima ao multiplicá-la no espaço irrestrito. Mas traz no seu canto uma ária bem triste. Sofre os excessos dos filhos ingratos. Está no limite. Dá mostras de seus sucessivos maus tratos. Lamentavelmente, comovem a poucos, por certo, aos melhores os duros apelos que emite.
Gaia está farta de sangue, farta dos homens, talvez, porque não cessa a ganância, porque não cessa a violência , esses cancros resultantes da insensatez.
Ciclônico éolo a bramir, convulsiona o oceano, rebenta do solo, feroz. Sofrem-lhe muitos a fúria. Ouvem-lhe muitos a voz.
Há os que riem e bebem e comem, com as mãos manchadas de sangue. Sabem que a Terra prescinde do homem. Nenhuma voz os confrange.
(Da coletânea “ESTADO DE ESPÍRITO”)
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AHINSA! (En Esperanto)
Serĝjo de Sersank
De la primitivaj tempoj - kia profunda mister’! - el kosma emanaĵo, kiu plene ĉirkaŭas kaj ĝin trapenetras, nutriĝas la Ter’.
Simile al l’etera pulvo, devenas tiu ĉi fluido el la senfina stelar’ kaj ĝi alportas la vivon - miraklo ja sen kompar’. La sango de ĉiu estaĵo, tuj naskita jam pasanta, transfuzas Gaja en aliaj, tio ĉi en ciklo kreskanta.
Tial, la animo de Gaja aŭdigas en la Naturo la muzikon de l’ Senlim’. Tiele, ŝi laŭdas la dian belecon de l’ Vivofonto kiu vigligas ŝin kaj kiu sublimigas ŝî per disdonad’ en ritmo intensa, eble sen fin’. Tamen, la kanto de Gaia nune fariĝas ia tristega ario. Pro tio ke agresojn de nedankaj filoj jam multe suferas, nun ŝi kantadas en frua agonio. Ve, bedaŭrinde, nur kelkajn homojn la plibonajn, certe, kortuŝas la petoj, kiujn, averte, elĵetadas ŝi. Jam Gaja satiĝis je sango. Eble je la homoj ankaŭ satiĝas, ĉar ne ĉesiĝas la homa perforto, eĉ la homa ambici’ ne ĉesiĝas. Ho, furnaj ŝankroj de l’ homa nesci’!
Ciklona Eolo, blekante feroca, diskrevas el la subgrundo, agitas la maron, subite. Multaj suferas sian furozecon, multaj aŭdiĝas sian voĉon, aflikte.
Ja multaj malgraŭe ridegas kaj drinkas kaj manĝas, je sango malpurajn havante la manojn . Tiuj sciadas: la Ter’ sin aranĝas: neniel bezonas la homojn. Tamen, nenia voĉ’ ilin tuŝas. Nenia far’ ilin ŝanĝas.
(El la poemaro “SPIRITOSTATO”)
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Poeta
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